poppea e amore foto Silvia Meo

Froma GB Opera

by Lorenzo Mattei

“A conclusione del 450° anniversario della nascita di Claudio Monteverdi, anche la città di Bari offre il suo omaggio con un evento teatrale prezioso: la messinscena dell’Incoronazione di Poppea nella riscrittura drammaturgica di Maria Grazia Pani, da tanti anni impegnata in un progetto di sua ideazione – denominato TeatrOpera – il cui scopo è quello di rivitalizzare il ruolo culturale del melodramma all’interno della società contemporanea offrendo rimodulazioni di titoli operistici più o meno celebri, capaci di affascinare tanto il pubblico di melomani, quanto quello dei neofiti. Si tratta sempre di rivisitazioni, ricreazioni, ricomposizioni mai invadenti rispetto al testo originario perché confezionate con amore e rispetto per i nuclei drammatici primigeni: è un po’ come se, con slancio appassionato e spirito divulgativo, si andasse al cuore di ogni singola opera e quello soltanto si offrisse al pubblico. Nel caso dell’Incoronazione di Poppea – ridotta da tre a due atti con molte scene e personaggi eliminati – questo “nucleo” è esplicitato dal sottotitolo della riscrittura: «il trionfo del potere e dell’amore». Personaggio pivot di tutto lo spettacolo è infatti Ottone, marito di Poppea, qui interpretato da un attore, Ivan dell’Edera, perfetto nella dizione e nell’intensità di recitazione; intorno a lui e alle sue contraddizioni (ama la moglie ma la spinge nelle braccia di Nerone e per quanto sia pentito della propria condotta libertina continua a desiderare Drusilla) ruota il dramma, incentrato sulla brama del potere politico e sull’impulso erotico irrefrenabile. Va precisato che gli interventi recitati hanno una durata contenuta e si amalgamano bene con le sezioni cantate, a mo’ di un opéra-comique o un singspiel, nonostante il gap lessicale e stilistico con i versi di Busenello. La cifra distintiva di questo spettacolo s’individua nella coerenza, eleganza e incisività del gesto attoriale, a lungo meditato dalla cantante-regista che ha saputo sfrondare ogni retorica per centrare, anche negli atteggiamenti corporei, il carattere di ogni personaggio; ne sono sortiti una statuaria e cupa Ottavia, una sguaiata (ma mai sopra le righe) Arnalta, uno statico e altezzoso Nerone, una sensuale (e anche in questo caso mai caricata) Poppea. Fin dalla messinscena della Poppea di Jean Pierre Ponnelle, si è giocato molto sull’ubiqua presenza di Amore, régisseur del dramma e marionettista occulto. Maria Grazia Pani ha scelto infatti di lasciare Eros quasi sempre sul palcoscenico, marcandone gli aspetti ludici e scanzonati e pensandolo alla stregua della Trilly di Peter Pan, sempre pronta a spargere polvere di fata sugli astanti. Di straordinaria intensità sul piano attoriale e canoro è stato il momento della morte di Seneca attorniato dai suoi familiari che, stretti in un cerchio sempre più soffocante, con una gestualità posta in antifrasi rispetto ai versi intonati, lo aiutavano a suicidarsi avvolgendolo in un panno insanguinato (il cui impatto visivo era paragonabile solo alla Morte di Marat di David). La misura e la compostezza di questa messinscena ha fortunatamente evitato una tendenza registica dell’ultim’ora che, facendo leva sull’erotismo innegabile del libretto di Busenello e della musica di Monteverdi, si compiace di mimare coiti e palpeggiamenti vari. La regista ha lasciato, invece, alla sola componente musicale il compito di alludere ai languidi amplessi tra Nerone e Poppea, dal primo (Signor deh non partire!) all’ultimo, il celeberrimo, ma non monteverdiano, Pur ti miro pur ti godo. Squisiti per equilibrio formale anche i costumi di Angela Gassi che ha saputo trovare accostamenti cromatici raffinati mescolando le fogge romane antiche ai tagli sartoriali contemporanei…” continua…

leggi tutta la recensione su GBOpera.it

PHOTO  FONTE SILVIA MEO